Getia - etnogenesi e continuità
La terra dei Geti non si chiamava Dacia 1900 anni fa
I più spinosi e controversi problemi dei rumeni sono l’etnogenesi e la continuità carpatico-danubiana.
Dal punto di vista etnografico, i rumeni sono l’insieme dei popoli che parlano la lingua rumena e che vivono nell’Europa centrale e orientale.
Ufficialmente l’origine dei rumeni è considerata comune a quella degli aromeni e va oltre i confini dell’attuale Romania, ma c’è una disputa, dato che ci sono diverse teorie, alcune delle quali escludono altre.
Queste teorie interpretano in maniera diversa le stesse fonti archeologiche e storiche.
I rumeni non sono imparentati solo con gli aromeni, ma hanno un’origine che accomuna più etnie.
Le nazioni sono relativamente giovani e sono formate sulla base di etnie o di popolazioni che in un determinato territorio parlano in maggioranza la stessa lingua.
Nonostante ciò, un’etnia si è costituita attraverso l’adozione deliberata o forzata di una determinata lingua da parte di una popolazione eterogenea e mista dal punto di vista genetico.
In base alla teoria dell’apparizione dell’Homo Sapiens, le civiltà si sono formate alle foci dei fiumi. Il Danubio è uno tra i più grandi fiumi, alla foce del quale si sono formate grandi civiltà.
L’origine dei rumeni è uno dei problemi più dibattuti della storiografia rumena, in quanto è legata al contesto politico nel quale i rumeni hanno rivendicato l’indipendenza dagli imperi dominanti dei territori da loro abitati (Asburgico, Ottomano e Zarista).
Gli storici rumeni hanno combattuto per dimostrare la continuità rumena su questi territori, mentre gli storici austriaci, ungheresi, tedeschi e russi e addirittura quelli serbi e bulgari si sforzavano di metterla in dubbio, con argomentazioni una più aberrante o ilare dell’altra.
Studiare l’etnogenesi, cioè l’origine di un popolo, consiste nel trovare risposte alle domande seguenti: quando, dove, in quali condizioni e da quali influenze linguistiche, culturali e demografiche si è formata una determinata comunità etnica.
Molti rumeni si sono chiesti perché venga negata proprio la loro identità e non quella dei serbi o dei bulgari? Forse perché sono il popolo più grande dei Balcani? Possono essere loro i discendenti di quel popolo dal quale discendono tutti i popoli europei? Altrimenti come può essere giustificata questa propaganda concertata anti-rumena? Perché chiamiamo Traci, Daci o Traco-Daci i Tirageti, Tissa-Geti, i Sargeti, i Samo-Geti (Sarmati), gli Illiro-Geti, gli Indi-Geti, i Massageti, i Geati, i Pien-Geti, i Myr-Geti, i Miso-Geti, gli Angeti altre tribu dei Geti?
La limitazione dell’esistenza del popolo rumeno è stata fatta attraverso la riduzione della storia dei Geti a soltanto 1900 anni, attraverso l’attribuzione tra i loro antenati dell’etnonimo “daco”, ma anche romano.
La Dacia non è esistita prima del 106 d.C. e nemmeno a Sud del Danubio prima del 260 d.C.
La loro storia non inizia nè con Decebalo, nè con Galerio e non sono mai esistiti un Impero o uno Stato “dacico”, ma solo Stati ed Imperi getici… essendo la Dacia solo una colonia romana. Perché il passato viene limitato soltanto al periodo della colonizzazione romana del territorio carpatico?
Al contrario, possiamo considerare l’Impero Getico come l’Impero Romano stesso, a cominciare dalla fondazione di Roma da parte dei Geto-Arimi, antichi emigrati nella penisola appenninica, e poi attraverso la conquista di Roma da parte dei “Goti” e dei Geti. Goto essendo l’etnonimo dei Geti dopo la liberazione del territorio a Nord del Danubio, dopo il 260 d.C. proprio dai Geti liberi.
Gli Unni, gli Avari, i Khazari, gli Ugrici, i Tatari, i Peceneghi, i Cumani, i Turchi non hanno lasciato impronte serie genetiche o linguistiche sul popolo carpatico negli ultimi 1600 anni e la prova sono i suoi geni vecchi più di 3500 anni ininterrotti.
Dal punto di vista etnografico, i rumeni sono l’insieme dei popoli che parlano la lingua rumena e che vivono nell’Europa centrale e orientale.
Ufficialmente l’origine dei rumeni è considerata comune a quella degli aromeni e va oltre i confini dell’attuale Romania, ma c’è una disputa, dato che ci sono diverse teorie, alcune delle quali escludono altre.
Queste teorie interpretano in maniera diversa le stesse fonti archeologiche e storiche.
I rumeni non sono imparentati solo con gli aromeni, ma hanno un’origine che accomuna più etnie.
Le nazioni sono relativamente giovani e sono formate sulla base di etnie o di popolazioni che in un determinato territorio parlano in maggioranza la stessa lingua.
Nonostante ciò, un’etnia si è costituita attraverso l’adozione deliberata o forzata di una determinata lingua da parte di una popolazione eterogenea e mista dal punto di vista genetico.
In base alla teoria dell’apparizione dell’Homo Sapiens, le civiltà si sono formate alle foci dei fiumi. Il Danubio è uno tra i più grandi fiumi, alla foce del quale si sono formate grandi civiltà.
L’origine dei rumeni è uno dei problemi più dibattuti della storiografia rumena, in quanto è legata al contesto politico nel quale i rumeni hanno rivendicato l’indipendenza dagli imperi dominanti dei territori da loro abitati (Asburgico, Ottomano e Zarista).
Gli storici rumeni hanno combattuto per dimostrare la continuità rumena su questi territori, mentre gli storici austriaci, ungheresi, tedeschi e russi e addirittura quelli serbi e bulgari si sforzavano di metterla in dubbio, con argomentazioni una più aberrante o ilare dell’altra.
Studiare l’etnogenesi, cioè l’origine di un popolo, consiste nel trovare risposte alle domande seguenti: quando, dove, in quali condizioni e da quali influenze linguistiche, culturali e demografiche si è formata una determinata comunità etnica.
Molti rumeni si sono chiesti perché venga negata proprio la loro identità e non quella dei serbi o dei bulgari? Forse perché sono il popolo più grande dei Balcani? Possono essere loro i discendenti di quel popolo dal quale discendono tutti i popoli europei? Altrimenti come può essere giustificata questa propaganda concertata anti-rumena? Perché chiamiamo Traci, Daci o Traco-Daci i Tirageti, Tissa-Geti, i Sargeti, i Samo-Geti (Sarmati), gli Illiro-Geti, gli Indi-Geti, i Massageti, i Geati, i Pien-Geti, i Myr-Geti, i Miso-Geti, gli Angeti altre tribu dei Geti?
La limitazione dell’esistenza del popolo rumeno è stata fatta attraverso la riduzione della storia dei Geti a soltanto 1900 anni, attraverso l’attribuzione tra i loro antenati dell’etnonimo “daco”, ma anche romano.
La Dacia non è esistita prima del 106 d.C. e nemmeno a Sud del Danubio prima del 260 d.C.
La loro storia non inizia nè con Decebalo, nè con Galerio e non sono mai esistiti un Impero o uno Stato “dacico”, ma solo Stati ed Imperi getici… essendo la Dacia solo una colonia romana. Perché il passato viene limitato soltanto al periodo della colonizzazione romana del territorio carpatico?
Al contrario, possiamo considerare l’Impero Getico come l’Impero Romano stesso, a cominciare dalla fondazione di Roma da parte dei Geto-Arimi, antichi emigrati nella penisola appenninica, e poi attraverso la conquista di Roma da parte dei “Goti” e dei Geti. Goto essendo l’etnonimo dei Geti dopo la liberazione del territorio a Nord del Danubio, dopo il 260 d.C. proprio dai Geti liberi.
Gli Unni, gli Avari, i Khazari, gli Ugrici, i Tatari, i Peceneghi, i Cumani, i Turchi non hanno lasciato impronte serie genetiche o linguistiche sul popolo carpatico negli ultimi 1600 anni e la prova sono i suoi geni vecchi più di 3500 anni ininterrotti.
Nemmeno i Romani, i Celti, i Bastarni, i Roxolani, gli Iazighi, i Gepzi, i Russi oppure i tedeschi, essendo loro fratelli genetici e originari dello spazio carpatico.
I rumeni sono più Pelasgi o più Geti di quanto i Romani siano esistiti come etnia, perché essi non sono stati legati da una lingua.
Le lingue parlate dai popoli asiatici hanno preso prestiti dai rumeni, dai tedeschi, dagli ariani (iraniani) incontrati nel Caucaso e gli asiatici hanno imposto la lingua anche agli originari, anche se essi non erano oltre 5.000-10.000 persone radunate in tende, migrando con la slitta d’inverno e con i carri in estate e con o senza cibo.
Oggi i loro parenti di lingua, i popoli ugrici della Siberia, Kahnti e Manshi, insieme non sono oltre 35.000 persone e questo dopo 1200-1300 anni da quando si sono staccati e ciò dimostra che il “piano Kalergi” delle grandi “migrazioni inventate” ha funzionato spesso attraverso mistificazioni storiche, che hanno portato alla manipolazione di interi popoli.
I rumeni parlano quello che parlavano anche 400, .000 e 2000 anni fa, una lingua getica (sarmo-getica) evoluta, menzionata in documenti medioevali. I loro antenati sono anche quelli dei Romani che molto più tardi hanno fondato Roma (la Roma etrusca).
Le lingue parlate dai popoli asiatici hanno preso prestiti dai rumeni, dai tedeschi, dagli ariani (iraniani) incontrati nel Caucaso e gli asiatici hanno imposto la lingua anche agli originari, anche se essi non erano oltre 5.000-10.000 persone radunate in tende, migrando con la slitta d’inverno e con i carri in estate e con o senza cibo.
Oggi i loro parenti di lingua, i popoli ugrici della Siberia, Kahnti e Manshi, insieme non sono oltre 35.000 persone e questo dopo 1200-1300 anni da quando si sono staccati e ciò dimostra che il “piano Kalergi” delle grandi “migrazioni inventate” ha funzionato spesso attraverso mistificazioni storiche, che hanno portato alla manipolazione di interi popoli.
I rumeni parlano quello che parlavano anche 400, .000 e 2000 anni fa, una lingua getica (sarmo-getica) evoluta, menzionata in documenti medioevali. I loro antenati sono anche quelli dei Romani che molto più tardi hanno fondato Roma (la Roma etrusca).
Fabio Scialpi: “Sono incuriosito dalla presenza sul territorio della Romania di diversi toponimi di risonanza sanscrita”.
E’ risaputo che l’origine della pastorizia e la sua espansione in Europa dallo spazio carpato-danubiano-pontico si perde negli anni 5000-4000 a.C. assieme alle prima prove dell’allevamento ovino sulle terre mioritiche.
Nel Neolitico la penisola Balcanica costituiva un luogo molto propizio allo sviluppo dell’agricoltura e all’allevamento degli animali. Le zone agricole europee si trovavano nei bacini di mezzo ed inferiore del Danubio. Grazie alla geografia di questo spazio, la zona dei Carpazi diventa la zona più importante di accrescimento della pastorizia dell’Europa. Le pecore sono state tra i primi animali addomesticati quì, assieme alle capre, ai vitelli, ai maiali e ai cavalli. Dato che le pecore e le capre addomesticate avevano bisogno di cibo diverso da quello dell’uomo, egli ha dovuto seguire i greggi nella ricerca di zone dove si trovassero erba in abbondanza, acqua e ombra, che sono i tre elementi fondamentali per un gregge.
Così è nata la pastorizia, considerata una dei più vecchi rami dell’agricoltura. Dalla pecora antica, chiamata dagli specialisti “ovis vigne akar”, l’antenata di tutte le razze di pecore dell’Europa, si considera che si è formata anche la pecora scyto-getica. Esiste anche la possibilità che la pecora scyto-getica fosse stata in realtà una sottopopolazione balcanica della pecora arkar, cioè una razza che si è formata nel Neolitico e non una discendente della pecora antica. Dalla pecora scyto-getica discendono tutte le razze di pecore dell’Europa centrale ed orientale, dei Balcani ad attorno al Mar Nero, fino alla Georgia.
E’ risaputo che l’origine della pastorizia e la sua espansione in Europa dallo spazio carpato-danubiano-pontico si perde negli anni 5000-4000 a.C. assieme alle prima prove dell’allevamento ovino sulle terre mioritiche.
Nel Neolitico la penisola Balcanica costituiva un luogo molto propizio allo sviluppo dell’agricoltura e all’allevamento degli animali. Le zone agricole europee si trovavano nei bacini di mezzo ed inferiore del Danubio. Grazie alla geografia di questo spazio, la zona dei Carpazi diventa la zona più importante di accrescimento della pastorizia dell’Europa. Le pecore sono state tra i primi animali addomesticati quì, assieme alle capre, ai vitelli, ai maiali e ai cavalli. Dato che le pecore e le capre addomesticate avevano bisogno di cibo diverso da quello dell’uomo, egli ha dovuto seguire i greggi nella ricerca di zone dove si trovassero erba in abbondanza, acqua e ombra, che sono i tre elementi fondamentali per un gregge.
Così è nata la pastorizia, considerata una dei più vecchi rami dell’agricoltura. Dalla pecora antica, chiamata dagli specialisti “ovis vigne akar”, l’antenata di tutte le razze di pecore dell’Europa, si considera che si è formata anche la pecora scyto-getica. Esiste anche la possibilità che la pecora scyto-getica fosse stata in realtà una sottopopolazione balcanica della pecora arkar, cioè una razza che si è formata nel Neolitico e non una discendente della pecora antica. Dalla pecora scyto-getica discendono tutte le razze di pecore dell’Europa centrale ed orientale, dei Balcani ad attorno al Mar Nero, fino alla Georgia.
I pastori hanno vagato per l’Europa in lungo e in largo con le loro greggi cercando pascoli abbondanti, lasciando i loro nomi ovunque fossero passati. Questi rimni, ramani oppure rumini sono praticamente una delle tribù originarie pelasge della Roma etrusca, sebbene scientificamente essi sono considerati “indo-europei”. Le tribù dei Ramni hanno lasciato tracce anche nel lontano Galles, dove nella località Rhymney vive una comunità e il fiume con lo stesso nome bagna una valle che si chiama Rhymney ed è ricordato in tutta la Gran Bretagna dalla canzone “Le campane di Rhymney”.
Se nella penisola Balcanica fino al Neolitico hanno vissuto gli antichi europei che erano chiamati Pelasgi o Iperborei, tra loro c’è una popolazione guerriera venuta dalle steppe dell’Est dei Carpazi, i Kurgan, che prende il dominio non solo dei Balcani, ma si sposta anche verso l’Anatolia e l’Europa occidentale.
Certamente la maggior parte dei popoli che ha resistito nello spazio carpatico è stata quella pacifica ed erano coloro che praticavano l’agricoltura o la pastorizia. Probabilmente anche i Pelasgi e i Geti avevano la propria lingua, le proprie abitudini, cultura e stili di vita diversi, cosa che ha portato una parte delle popolazioni neolitiche, come i Cucuteni, a cambiare radicalmente lo stile di vita oppure a cercare altri territori da abitare e più avanti nel tempo la maggior parte delle volte venivano definiti confraternite guerriere, sia che essi si chiamassero Geti, Goti, Gepzi o, più tardi, quando sono arrivati gli asiatici, Avari, Unni o Tatari.
Ancora oggi la maggior parte dei rumeni ha le impronte genetiche degli Iperborei che vivevano sulle terre mioritiche già dal Paleolitico e dal Neolitico, invece i discendenti diretti dei Geti guerrieri, cioè coloro che all’epoca del bronzo si sono insediati nel Carpazi, sono una minore parte.
Non si sa ancora se la maggior proporzione dei Pelasgi neolitici nella popolazione rumena sia dovuta ad una natalità più buona di questi primati carpatici oppure ad una mescolanza con i Geti dell’epoca del bronzo, che si è mantenuta nelle stesse proporzioni fino ad oggi. Certo è che questo rapporto tra i Pelasgi neolitici e i Geti è una specificità delle popolazioni dei Balcani.
Nell’epoca del bronzo hanno luogo trasformazioni fondamentali, le cui implicazioni maggiori si avranno sulla storia futura dello spazio europeo. Nello spazio occupato dalle civiltà di agricoltori neolitici dei Balcani penetrerà lentamente l’economia pastorale, la quale rimarrà una specificità del popolo rumeno fino ad oggi.
Il fondo linguistico dei carpato-danubiano-pontici sarà la base delle principali lingue europee contemporanee, dal quale si staccheranno lingue come: il getico (rumeno), il latino, il greco, lo slavo, il celtico, l’albanese, l’iraniano, l’indiano, il lituano, ecc.
In questa fase storica inizia anche il processo di etnogenesi dei Geti carpatici, i quali si uniscono alla mescolanza neolitica pelasgica, che ha portato alle celebri culture danubiane.
A causa dell’utilizzo su larga scala della cremazione come rito funerario, gli studi antropologici non possono dire con esattezza quale sia stato l’apporto etnico dei Geti nella nuova struttura sociale dell’epoca del bronzo dell’Europa, ma queste comunità si sono erette sul fondo locale incontrato e hanno creato nuove sintesi culturali.
Ancora oggi la maggior parte dei rumeni ha le impronte genetiche degli Iperborei che vivevano sulle terre mioritiche già dal Paleolitico e dal Neolitico, invece i discendenti diretti dei Geti guerrieri, cioè coloro che all’epoca del bronzo si sono insediati nel Carpazi, sono una minore parte.
Non si sa ancora se la maggior proporzione dei Pelasgi neolitici nella popolazione rumena sia dovuta ad una natalità più buona di questi primati carpatici oppure ad una mescolanza con i Geti dell’epoca del bronzo, che si è mantenuta nelle stesse proporzioni fino ad oggi. Certo è che questo rapporto tra i Pelasgi neolitici e i Geti è una specificità delle popolazioni dei Balcani.
Nell’epoca del bronzo hanno luogo trasformazioni fondamentali, le cui implicazioni maggiori si avranno sulla storia futura dello spazio europeo. Nello spazio occupato dalle civiltà di agricoltori neolitici dei Balcani penetrerà lentamente l’economia pastorale, la quale rimarrà una specificità del popolo rumeno fino ad oggi.
Il fondo linguistico dei carpato-danubiano-pontici sarà la base delle principali lingue europee contemporanee, dal quale si staccheranno lingue come: il getico (rumeno), il latino, il greco, lo slavo, il celtico, l’albanese, l’iraniano, l’indiano, il lituano, ecc.
In questa fase storica inizia anche il processo di etnogenesi dei Geti carpatici, i quali si uniscono alla mescolanza neolitica pelasgica, che ha portato alle celebri culture danubiane.
A causa dell’utilizzo su larga scala della cremazione come rito funerario, gli studi antropologici non possono dire con esattezza quale sia stato l’apporto etnico dei Geti nella nuova struttura sociale dell’epoca del bronzo dell’Europa, ma queste comunità si sono erette sul fondo locale incontrato e hanno creato nuove sintesi culturali.
All’inizio dell’epoca del bronzo si può constatare che gli abitati sono costituiti da piccole comunità, alcune di durata corta, nella cui economia l’allevamento dei vitelli acquista un ruolo molto più importante. La società è di tipo patriarcale e l’elite della società, socialmente stratificata, si distingue per i monumenti funerari. La loro costruzione e l’inventario funerario si discostano dai sepolcri abituali, sono usati tumuli di pietra e terra, come segno caratteristico eretti sopra il luogo del sepolcro e oggetti particolari.
L’alimentazione basata sul consumo di semi di cereali o di legumi bolliti è stata una delle cause che porterà le comunità di agricoltori del Neolitico a sviluppare una ceramica con caratteristiche particolari. La produzione della ceramica ha occupato un punto centrale nei mestieri praticati durante gli stanziamenti neolitici. La ceramica dell’epoca del bronzo è inferiore rispetto a quella prodotta dalle comunità di agricoltori del Neolitico e questo sarà il motivo principale che porterà alla decadenza di alcune civiltà, come i Cucuteni.
L’importanza maggiore dei prodotti animali e lo stile di vita dei pastori all’inizio dell’epoca del bronzo fanno parte della serie di cause che hanno potato al deterioramento qualitativo e decorativo della ceramica.
Nell’epoca del bronzo avvengono trasformazioni sulla vita spirituale e il sole acquista un ruolo determinante, così come la terra l’aveva avuto nel periodo anteriore. Questi cambiamenti si riflettono anche sulle pratiche funerarie e la cremazione diventa il rito funerario fondamentale. Per le comunità dell’epoca del bronzo la preoccupazione per la guerra è molto evidente. La presenza di un grande numero di sepolcri di guerrieri, la fondazione di insediamenti in luoghi che offrivano un’elevata protezione e la fortificazione di alcuni di loro con collinette di terra e fossati ne sono la dimostrazione. L’utilizzo del bronzo come materia prima per la realizzazione degli utensili, non porterà alla rinuncia degli utensili in pietra, i quali rimarranno in uso alle comunità di quel periodo.
I giacimenti di sale ai piedi dei Carpazi della Moldavia hanno attirato anche gli allevatori di vitelli delle steppe, motivo per il quale i pastori della Moldavia, hanno anche dato lo stemma alla regione.
Il termine “daco” appare molto più tardi ed esistono diverse teorie sulla sua etimologia.
Fin dai tempi più antichi è esistita una suddivisone del territorio: alcuni cronisti li chiamano Daci, altri li chiamano Geti.
I Geti sono coloro che si diffondono verso il Ponto e verso levante, mentre i Daci sono coloro che sono stanziati nella parte opposta, verso la Germania e le sorgenti dell’Istro.
Fin dai tempi più antichi è esistita una suddivisone del territorio: alcuni cronisti li chiamano Daci, altri li chiamano Geti.
I Geti sono coloro che si diffondono verso il Ponto e verso levante, mentre i Daci sono coloro che sono stanziati nella parte opposta, verso la Germania e le sorgenti dell’Istro.
All’inizio del VI secolo lo scrittore Stefano da Bizanzio ci lascia un'opera intitolata “Nomi dei popoli” e dice riguardo ai Geti che intorno al 520 d.C. abitavano nella Getia, la terra dei Geti. Possiamo parlare dei Daci soltanto nel contesto del contatto coi Romani, che comprende il regno del re Decebalo, le guerre Geto-Romane, la colonizzazione a Nord del Danubio, poi lo spostamento della colonia a Sud del Danubio, fino all’utilizzo del toponimo Dacia da parte dei cronisti antichi e medioevali nelle loro opere.
Prima del 106 d.C. non si ha nessun documento che attesta la presenza dei Geti a Nord del Danubio, attraverso il quale essi chiamino il regno “Dacia” e chiamino loro stessi "Daci", a parte le tavolette di Sinaia che sono le uniche che lo confermano.
Nemmeno nel 260 d.C., quando i Daci rappresentavano solo un ramo dei Geti, così come si scopre proprio dai Romani, quando lo dice Ottaviano nella sua bibliografia attraverso Svetonio, LXIII: “Marco Antonio scrive che Ottaviano ha promesso Iulia prima a suo figlio Antonio, poi a Cotiso, il re dei Geti e sempre allora ha chiesto in cambio in sposa per sé la figlia del re” oppure quando si riferisce ad un altro re getico “Cotisoni Getarum regi…”.
Nemmeno nel 260 d.C., quando i Daci rappresentavano solo un ramo dei Geti, così come si scopre proprio dai Romani, quando lo dice Ottaviano nella sua bibliografia attraverso Svetonio, LXIII: “Marco Antonio scrive che Ottaviano ha promesso Iulia prima a suo figlio Antonio, poi a Cotiso, il re dei Geti e sempre allora ha chiesto in cambio in sposa per sé la figlia del re” oppure quando si riferisce ad un altro re getico “Cotisoni Getarum regi…”.
La conclusione è una cartina che ci perviene dal 43 d.C. di Pomponius Mela, che soltanto 63 anni prima della morte di Decebalo chiama lo spazio a Nord del Danubio, non Dacia, ma Sarmatia, latinizzazione di Sarmo-Getia.
Su questa cartina sono identificati i Geti (Getae) e gli Istrii (Jstrici) della Sarmo-Getia, provincia romana, e la Dacia non è menzionata perché al Nord del Danubio non era stato invaso ancora nessun territorio.
In questa cartina sono posizionati i Sarmo-Geti Izagi al fiume Tisa e i Samo-Geti Roxolani della Bessarabia.
Nemmeno a Sud del Danubio prima del 260 d.C. è esistita la Dacia.
Però ci sono dimostrazioni che provengono da fonti romane che dimostrano che la Dacia è stata solo dei Romani e mai dei Geti.
Invece, nel periodo compreso tra i secoli V-III a.C. per designare la popolazione autoctona dello spazio carpatico-danubiano si è utilizzato il termine di Geti. Nel periodo dei secoli II a.C.- I d.C. si è utilizzato sia il termine “Geto-Daci” e sia “Daci”, quest’ultimo soprattutto quando ci si riferisce a realtà specifiche dell’area intracarpatica.
Erodoto diceva: “I Geti vivono in molti territori e hanno molti nomi”.
I Geti si identificavano con il lupo, associato al dio della luce, Zalmoxis. Il fatto che in passato in Romania molte feste popolari (tra le quali 18 con data fissa) erano dedicate ai lupi, come certifica l’etimologo I.A. Candrea nel suo libro “L’erba delle bestie”, rileva la sua importanza nella tradizione rumena. Alcune di esse sono dedicate ai lupi. Per esempio ci sono una serie di feste delle donne sposate dedicate ad alcune divinità protettrici dei lupi. Si celebrano nel periodo della formazione dell’accoppiamento dei lupi, cioè tra il 14 Novembre e la Notte dei Fantasmi (S. Andrea) il 30 Novembre. La durata della festa era differente da villaggio a villaggio o da famiglia a famiglia. Nella mistica popolare si crede che in questo periodo le lupe violino il confine del villaggio, rovistino nella spazzatura per trovare braci accese, mangiando le quali diventino più fertili. Quindi per impedire la riproduzione dei lupi, venivano fatte ogni sorta di pratiche, per esempio le forbici e le pinze venivano legati con della corda (simbolicamente venivano così legate le bocche dei lupi) e tutte le porte delle stufe erano stuccate con argilla (simboleggiando la chiusura degli occhi dei lupi).
“Tutti i popoli possiedono due storie, una falsa che si impara a scuola e attraverso la quale il Governo (lo Stato) detiene il potere, la seconda vera viene nascosta agli studenti e al popolo, in quanto una volta conosciuta la vera storia il sistema crollerebbe”. Balzac, 1799-1850, in “Commedia umana”.
Fonte: Thraxus Ares
Minunat!
RispondiEliminaLa verità non si può nascondere.
RispondiEliminaAnche le pietre parlano,diceva Mihai Eminescu.